Luciano Cilio: gli ultimi giorni di un musicista unico.
Venerdì 12 maggio 1983, in mattinata Luciano giunge a casa mia come sempre senza preavviso, e mi chiede d’ascoltare una Suite di Bach interpretata da Casals. Mentre lui ascolta io continuo a scrivere, avevo quel giorno tre articoli da fare. Al termine della Suite, Luciano resta assorto con lo sguardo perso nel vuoto per almeno un quarto d’ora. Poi mi dice a bruciapelo: ”Non posso andare avanti cosí, senza soldi. Puoi parlare con Enrico Zummo (al tempo un dirigente di RAI 3) e vedere se mi fa fare un programma sulla musica contemporanea, o magari una rubrica fissa?”. A questo punto decisi di prendere tempo e lo invitai a cenare da Luigi a via Kerbaker.
«Ok» mi rispose e andò via. Subito telefonai a Lello Greco, caposervizio spettacoli del Mattino e gli chiesi cosa pensasse di affidare una rubrica settimanale a Luciano Cilio. Si disse favorevole e che ovviamente la ultima parola spettava all direttore Roberto Ciuni. “Ha un debole per te e dice di sì a tutto ciò che gli proponi ”. disse Lello, “Vieni domani mattina e ne parliamo.”. Andai e in dieci minuti accordo fatto: Cilio avrebbe scritto un articolo ogni giovedì, compenso iniziale di duecentomila lire per articolo e se tutto ok dopo un paio di mesi contratto di collaborazione con stipendio di un milione e duecentomila lire.
Quindi la cena da Gigino. “Luciano, hai una rubrica sul Mattino, presto con stipendio fisso di un milione e duecento mila lire”. “Il Mattino è un fogliaccio. Una buona ragione per andare via da Napoli è perché c’è Il Mattino “. “ Luciano, un contratto con la Rai è difficile ad aversi, però diventa facile se scrivi sulla pagina di cultura del Mattino ”. Alla fine lo convinsi a scrivere il primo articolo per il giovedì successivo. “Non ho la macchina per scrivere”. “Vieni domani mattina e te ne presto una, e ho bisogno dell’articolo lunedì prossimo ”. L’articolo giunse puntale, era su Schönberg, scritto in modo geniale da un musicista geniale. Scrittura libera, atonale direi e ritmicamente avvincente però inadatta al Mattino. Lello Greco avrebbe cestinato l’articolo dopo aver letto un solo paragrafo. Ben sapevo della acuta sensibilità di Luciano e con molto tatto gli spiegai che uno scritto siffatto era ideale per una rivista di musicologia, ma non per Il Mattino. Mi disse che in altro modo non sapeva fare. E gli chiesi il permesso di modificare lo scritto lasciando intatti i concetti. La cosa gli piacque poco, però alla fine mi lasciò fare. Modificai l’articolo e quando lo rilesse mi disse che non era più suo bensì mio. Con la massima diplomazia spiegai che no, che era suo e che però se lo voleva poteva rinunciare alla pubblicazione. Ore discutendo e alla fine mi disse di mandare l’articolo a Greco.
Giovedì 19 maggio l’articolo apparve campeggiando nella pagina di cultura. Fu un successo. Ebbi il plauso di Ciuni. Due giorni dopo la terribile notizia: Luciano si era suicidato ingerendo veleno per topi. Aveva appena trentatré anni. Non riuscivo a crederci. Era sconvolto e Greco mi obbligò a scrivere il necrologio, cosa che non volevo fare, non ero in condizioni di farlo. Ma dovetti farlo. Pensai di aver ferito l’anima delicata di Luciano, modificando il suo scritto, pensai al pessimismo dei nati sotto il segno del Capricorno (era nato l’11 gennaio del 1950), segno che detiene il triste primato in suicidi. Però nulla lasciava intuire un gesto siffatto. L’amicizia che mi legava a Luciano era di lunga data. Un poco lo conoscevo. In quei suoi ultimi giorni nulla lasciava presagire una fine cosí terribile. In me rimase un vuoto incolmabile e per la musica fu una grande perdita.
Primo quadro della conoscenza
Taken from «Dialoghi del presente», 1977.
Terzo Quadro della Conoscenza (da «Dialoghi del presente»)