

Alessandro Scarlatti, genio da riscoprire.
Di Alessandra Cesarini
Nel 1679 il diciannovenne Alessandro Scarlatti (Palermo, 2 maggio 1660 – -Napoli, 22 ottobre 1725) detto «Scarlattino» era molto apprezzato a Roma, dove era protetto da una delle famiglie nobiliari più influenti; il segreto di tale fama era la sua particolare attitudine per la scrittura vocale evidente sin da giovane. Le cantate composte in questo periodo rivelavano un’originale varietà di strutture, che si riferiscono a schemi antichi (arie variate sopra un basso fondamentale tipo ciaccona, che si accostano a procedimenti più moderni, come l’aria da capo). Il tipo di voce utilizzata è quasi sempre un registro di soprano usato nella quasi totalità delle circa 700 cantate a voce sola , che maggiormente risaltava le sue esigenze espressive. Con Scarlatti l’aria “con da capo” si converte nella forma più conosciuta: una composizione indipendente per voce solista, con accompagnamento musicale.
Nel periodo precedente a Scarlatti, le opere erano composte da una serie di recitativi noiosi da seguire; senza struttura e forma propria con pochi elementi melodici. Il musicista siciliano comprese che la debolezza dell’opera era in questa caratteristica declamatoria, carente di colpi di scena e varietà che avrebbero suscitato l’interesse del pubblico. L’aria “con da capo” diventò caratteristica della Scuola Napoletana con una struttura tripartita A-B-A, composta da tre sezioni, dette anche “strofe”: la prima è un’unità musicale completa che si chiude nella tonalità di impianto, la seconda va in contrasto con la prima, mentre la terza, spesso nemmeno scritta dal compositore, sarebbe la ripetizione della prima. Tuttavia molto spesso la terza sezione era arricchita da improvvisazioni ed abbellimenti, attraverso i quali il cantante poteva mettere in mostra il suo virtuosismo. Nell’opera ciascuna aria rappresentava un particolare stato d’animo: passione, rabbia, eroismo o amore, mostrando così i momenti significativi delle opere, in cui il compositore condensava i sentimenti dei personaggi e i cantanti potevano mettere in mostra loro abilità. Le arie diventarono i pezzi forti di ogni cantante d’opera.
Scarlatti non è soltanto un’importante figura di transizione nella storia della musica, ma dimostra anche una capacità di introspezione assolutamente moderna, con la modulazione e il riferimento a lunghe e variate frasi musicali, aspetto tipico della Scuola napoletana. Sviluppò inoltre caratteristiche tipiche per ognuno degli elementi che costituiscono un’opera: la sinfonia iniziale, che poi si chiamò ouverture italiana, il recitativo accompagnato, i concertati, il coro e l’orchestra. L’ouverture è il brano strumentale che precede l’opera, utilizzando i temi musicali che introducono al pubblico la musica che sta per ascoltare. In particolare, Scarlatti ha messo a punto lo stile dell’ouverture italiana, con la successione dei tempi veloce-lento-veloce, che ha condizionato la seguente struttura della sinfonia in tre movimenti del periodo classico.
Musicista amatissimo, Alessandro Scarlatti ci ha lasciato un’incredibile produzione musicale, composta di più di cento opere. Viene considerato il fondatore dell’opera seria, i cui soggetti erano tratti principalmente da episodi della storia, del mito e della leggenda. Nel 1703 a Napoli, in occasione di una celebrazione in onore di Filippo V di Spagna, le complicate partiture per violino di Scarlatti misero in difficoltà Corelli che rinunciò ad eseguirle.
Alessandro Scarlatti nel periodo che va dal il 1680 e il 1725 circa, inserisce il proprio spirito innovatore nel complesso panorama del melodramma e, pur non rinunciando a molte tra le caratteristiche fondamentali di esso, punta sull’interpretazione drammatica. Accolto in Arcadia, accanto a Corelli e Pasquini, con il nome di Terpandro, Alessandro Scarlatti sarà fondamentale rappresentante della forma melodrammatica per almeno due generazioni di musicisti, considerato, anche senza esserlo realmente, il “padre” della grande aria tripartita, imponendo in tutt’Europa il modello “opera napoletana”.
Il melodramma faceva da guida alle più importanti manifestazioni della musica vocale: la Cantata e l’Oratorio. La Cantata era un’opera in miniatura, destinata ad eventi mondani, forma prediletta da molti compositori italiani di fine Seicento – inizio Settecento.
La tipica Cantata dell’epoca era quella a voce sola e basso continuo, a volte arricchita da strumenti concertanti o d’accompagnamento. Evolvendosi sul struttura della Cantata barocca, in Scarlatti questo tipo di composizione si espande, ospitando monologhi, dialoghi, arie e recitativi. Come nella Cantata d’epoca precedente, i testi sono amorosi, trattando con un’atmosfera drammatica racconti mitologici, storici e pastorali. I personaggi sono archetipici, vivi nella memoria collettiva: Lucrezia, Didone, Clori, Fileno, Nice, Filli, Orfeo, Euridice, Climene, ecc. Le Cantate di Alessandro Scarlatti rivelano in modo più evidente, rispetto ai suoi stessi melodrammi, il processo d’evoluzione dello stile del compositore. Si può affermare, che le composizioni precedenti al 1697 all’incirca, rivelano una varietà di struttura e una libertà, che le Cantate successive non hanno, che successivamente saranno sempre più contraddistinte da uno stile “prezioso” ed ornato.
Il Magnificat nell’ambito della liturgia costituisce un momento di grande importanza: esso si canta, infatti, insieme con un’antifona, alla fine dei Vespri. Purtroppo le notizie sulle circostanze della composizione di questo brano sono nebulose, dato che le fonti risalgono all’Ottocento e non offrono alcun elemento sul luogo e la data di produzione. Il Magnificat è suddiviso in diverse sezioni, ciascuna delle quali con delle caratteristiche diverse dalle altre, per quanto riguarda l’organico, il tipo di scrittura e l’ambito tonale. Il basso continuo non si limita al raddoppio delle parti vocali, ma talvolta ha una sua autonomia. La Missa infine, come per altri brani di musica sacra di Scarlatti è caratterizzata da un’originale convivenza di schemi «antichi» e «moderni», ovvero da melodie gregoriane e dalla tecnica della messa ciclica rinascimentale accanto a scelte armoniche ardite. Fu significativamente eseguita il 15 aprile 1971 durante i funerali di Igor Stravinskij, celebrati nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo; ad eseguirla fu chiamato il Coro della Rai di Roma.
Passio Secundu Johamnem : musica per la settimana santa
Un giovane Jaroussky nell’album Oratorio Sedecia
Le Cantate da camera: Hor che graditi orrori
Copron del dì la luce
E che in tranquilla calma
Gode riposo ogn’alma,
Voi, che nascete, o lumi,
Di pianti a parger conti,
Hor siate a versar pronti
I ritenuti fiumi,
E se vi lusingò speme mentita,
Hor più crudo e spietato
Il vostro fato a lacrimar v’invita.
Ed ecco l’ Aria “ Le violette
La Griselda ultima Opera scritta da Scarlatti: Mi rivedi o selva ombrosa
La Sinfonia di apertura dell’ Opera Griselda
Il meraviglioso Magnificat
Tra gli allievi di Scarlatti ricordiamo il figlio Domenico: Jean Rondeau nel’ esecuzione della sonata k 141