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Sergio Fiorentino live in Taiwan 1998

28 mayo, 2019Interpretes, RecensionesGianni Cesarini

Sergio Fiorentino live in Taiwan 1998

Compact disc Rhine Classics RH 009 (2018)

    Il recital prende il via con una prodigiosa versione del Preludio e Fuga in Re maggior BWV 532 di Bach trascritto da Busoni ed elaborato da Fiorentino. E’ un Bach contemporaneo e al tempo stesso atemporale, come il Bach genialmente personale di Glenn Gould o quello liturgico e pur stilisticamente coerente di Rosalyn Tureck. Se Fiorentino avesse suonato Bach durante gli anni Settanta come ha fatto negli anni Novanta sarebbe stato accusato quale “romantico” e quindi stroncato. Quando il virus che diffuse la febbre filologica fu inattivato dalla noia, ecco trionfare finalmente un Bach con sentimenti, espressivo, vario. Con Fiorentino ci troviamo di fronte a chi, lungi dall’annoiarci con manie filologiche, usa il pianoforte come tale, e da musicista segnato profondamente dall’intera storia di questo strumento, trascende lo strumento proiettato com’è verso la ricerca di una perfezione formale e spirituale. 

   Del Fiorentino sommo interprete di Bach si è detto molto con elogi più che meritati. Del suo Beethoven ci sembra opportuno fare qualche puntualizzazione. Le giovanili registrazioni della sonata n. 21 in Fa minore  “Appassionata” (1955), delle 32 Variazioni in Do minore (1959) e del Quinto concerto (1959) mostravano in fieri un interprete beethoveniano capace di marcare una storia che ebbe inizio con Schnabel e Backahus.  Poi nel 1963 si ebbero le registrazioni, sempre a Londra, della Sonata n. 8 in Do minore “Patetica”, della n. 21 in Do maggiore “Waldstein” e della n. 14 in Do diesis minore “Chiaro di luna” che non confermarono del tutto l’impressione iniziale. Fiorentino seguiva le sue idee e non si lasciava condizionare da nulla e nessuno. Negli anni Ottanta, quando fu attratto da Schubert, dal primo Scriabin e da Franck, affermava che di Beethoven amava esclusivamente gli ultimi Quartetti per archi, il Quarto concerto per pianoforte, il concerto per violino, la sonata Walstein, la op. 81a «Les adieux”, la 109 e la 110.  Tollerava a stento la “Patetica” e l’”Appassionata” e avrebbe cancellato volentieri la 106. Eppure conosceva le 32 sonate profondamente: un pomeriggio a casa sua mi chiese di aprire a casaccio il volume tascabile delle sonate e accennare le prime quattro battute della prima pagina, quindi si sedette al pianoforte e suonò il tempo di Sonata (finale di quella in Re minore Op. 31, n. 2)) fino alla sua conclusione. 

   Inoltre interpretó negli anni Settanta i Concerti Terzo e Quinto con l’Orchestra Alessandro Scarlatti di Napoli diretta da Franco Caracciolo e il Primo nel 1982 sempre con l’orchestra napoletana diretta da Gunter Neuhold, con risultati sempre rilevanti. Eppure definire Fiorentino come importante interprete beethoveniano si può e non si può. Non si può perché non intraprese un cammino come quello che caratterizzò la carriera di  Friedrich Gulda e si può perché memorabile per profondità e senso poetico una sua versione live del Quarto concerto (1995) non riportata in disco; interessantissima una 109 sempre live e la meravigliosa 110 suonata a Dortmund nel 1993 e presente in un CD APR.

    Possiamo dire che la 110 interpretata a Taipei rappresenta una straordinaria fusione di potenza emotiva e spiritualità. Il Maestro mostra con tocco magico, ricchezza timbrica sonorità sempre ben tornite con bassi mai ridondanti, un Beethoven che si eleva a altezze vertiginose. Un Beethoven attuale. Fiorentino partiva dall’assoluto conoscersi ed essere se stesso, avendo una chiara coscienza e un’etica della vita, per poi entrare, con fare profondamente rispettoso, nel mondo altrui. Ben sapeva che senza “l’assoluto essere altro” non c’è vera musica ma solo solfeggio più o meno ben articolato. Non c’è comunicazione. Fiorentino sapeva bene come entrare in sintonia con la platea, scegliendo i programmi e il tipo di suono che non erano gli stessi a Londra, Berlino o Newport. 

   Così il suo suonare non è repêchage, un vivere al passato, ma uno stare in tempo reale nel mondo espressivo e poetico di un compositore, comprendendone l’essenza e facendo suonare la musica come se nascesse in quel preciso momento in un totale gesto d’identificazione con l’altrui linguaggio. Con lui la musica vive al presente, sempre tesa alla purezza, mai ridotta a mero spettacolo. Il suo virtuosismo sempre al servizio dello stile, della bellezza.

    La versione della seconda Sonata di Rachmaninoff sorprende per la maggiore velocità rispetto a sue registrazioni precedenti e per un pathos poderoso. La seconda Sonata di Scriabin brilla di luce abbagliante. I quattro bis suggellano meravigliosamente un recital memorabile. Si deve anche all’ eccelente lavoro di restauro e missaggio di Emilio Pessina il pregio di questo cd e allo scritto del Maestro Keith Goodman, che non esita a definire Fiorentino “archetipo del pianista perfetto”. 

Gianni Cesarini
http://www.hipocratesforever.com/
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Gianni Cesarini Fotógrafo – Musicólogo – Periodista – Escritor - Naturópata - Ecologista - Maestro de Masaje Wukong - Maestro de Meditación Ze.

Desde adolescente rechacé totalmente el sistema escolar para formarme esencialmente como autodidacta. Estudié, de manera profunda, filosofía, literatura, artes plásticas, siendo mi...

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