Alfredo Kraus
Las Palmas de Gran Canaria, 24 novembre 1927 – Madrid 10 settembre 1999.
Insieme a Schipa è stato il tenore leggero e di grazia più rilevante della storia del canto lirico. Tecnica sopraffina, musicalità di prim’ordine, timbro argenteo di grande bellezza, acuti stratosferici, eleganza in scena, interprete in ruoli come Werther o Nadir o Federico assolutamente insuperati. Il personaggio lo conosco bene perché sono stato il suo biografo ufficiale, però giunti al sesto capitolo dei quindici previsti, il lavoro al libro fu interrotto dalla morte prematura della moglie Rosa, il triste avvenimento familiare fece sprofondare il tenore in uno stato di prostrazione che lo portó ad ammalarsi a sua volta e perdere la vita dopo aver protratto un micidiale cancro di pancreas.
Ha lasciato un ricordo indelebile in tutti i ruoli operistici che ha interpretato e non ha disdegnato d’impegnarsi in zarzuele e cantare un gran numero di canzoni spagnole in maniera ineguagliabile. Con risultati più che notevoli ha interpretato anche alcune canzoni napoletane. Ebbi l’onore di fargli da consulente come esperto di lingua napoletana, per cui accenti e dizione migliorano un poco, come si può notare ascoltando Core ‘ngrato.
La Danza
(Carlo Pepoli – Gioacchino Rossini)
Registrata nel 1959 da un Kraus all’apice delle capacità vocali, questa tarantella è interpretata con un piglio elettrizzante. Argentea la voce, acuti limpidi e ricchi di armonia, fraseggio avvincente per lo slancio calibrato con gusto sopraffino. Tra le molte versioni tenorili un’altra sola si erge a simile livello, quella di Enrico Caruso.
Maria, Marì!…
(Vincenzo Russo – Eduardo di Capua)
Dominio insufficiente della lingua napoletana compensato da una vocalità strepitosa, mezze-voci stupendamente calibrate, acuti folgoranti, nessuna nota “aperta”, nessun accento che non sia appropriato. E una squisita musicalità. Tra i tenori gli tiene testa solo Schipa in una versione molto diversa poiché in questo frangente l’artista pugliese rinuncia a fare il tenore e canta con dolcezza e timbro bellissimo, in maniera forse insuperabile. Dubbiamo puntualizzare che consideriamo questa canzone adatta ai tenori di grazia e molto meno ai tenori lirici spinti.
Orquesta Conciertos de Madrid, Enrique Estrela, conductor. 1958
‘A serenata d’’e rose
(Vincenzo Russo – Eduardo Di Capua)
Il tempo scelto è molto lento rendendo la serenata alquanto estatica, elegiaca, incantata. Superlativa lezione di bel canto che coglie appieno il carattere della serenata. Bellissime mezze-voci, canto dolce, intenso al punto giusto. Per molti è la migliore versione in assoluto che però non è cantata per intero, è omessa la terza strofa, per cui la versione di riferimento, per chi voglia ascoltare l’intera canzonetta, resta quella di Vittorio Parisi.
Orquesta Conciertos de Madrid, Enrique Estrela, conductor. 1958
‘O sole mio
(Giovanni Capurro – Eduardo di Capua)
Certo c`è Caruso con la sua interpretazione possente, portentosa, un modello inimitabile. E infatti Kraus non lo imita, sceglie un fraseggio meno estroverso, più intimo, canta mezzo-forte e fraseggia con bella musicalità, tecnica superlativa e solo al finale libera acuti veementi e di purezza cristallina.
Orquesta Conciertos de Madrid, Enrique Estrela, conductor. 1958
Mandulinata a Napule
(Ernesto Murolo – Ernesto Tagliaferri)
Registrata a Madrid nel 1959 con la direzione di Enrique Estela questo è forse il miglior tributo alla canzone napoletana del sommo tenore spagnolo. Melodia scolpita con pathos infinito. Tecnica da manuale.
Mamma mia che vo’ sapè !?
(Ferdinando Russo – Emanuele Nutile)
Qui i riferimenti assoluti restano Francesco Albanese ed Enrico Caruso. Registrata nel 1959, la versione di Kraus è pur sempre una magistrale lezione d belcanto e nei sovracuti non ha rivali, nemmeno Albanese e ancor meno Caruso.
Core ‘ngrato!
(Riccardo Cordiferro – Salvatore Cardillo)
Versione in concerto di un Kraus già avanti negli anni e pur capace di una linea di canto accorata, commovente che rasenta il miracolo. Andamento più lento del normale, un portamento fenomenale al minuto 1:45, acuti finali lunghi ben timbrati. È tra le più coinvolgenti versioni, insieme a quelle di Caruso e Schipa.