Mercedes Sosa: la voce della terra
di Alessandra Cesarini
Il “Manifiesto Fundacional de Nuevo Cancionero” fu presentato l’11 febbraio del 1963 da un collettivo di artisti fra cui Mercedes Sosa, il poeta Armando Tejada Gómez ed il compositore Manuel Óscar Matus, nel quale la canzone popolare avrebbe rappresentato ”L’essenza dell’uomo argentino nel nostro tempo”, parole della stessa Mercedes; la musica folk a quei tempi era di gran moda: erano gli anni del discorso di Martìn Luther King “I have a dream”. In America latina nella canzone popolare si imponeva un discorso di tipo sociale e politico, questo nuovo flusso inondò e trasformò il concetto stesso di melodia folkloristica, insegnando loro che “cantare un paese é pensare un paese”.
Tra i punti comuni di queste innovazioni vi era l’uso della chitarra come strumento principale, considerata quasi l’arma del nuovo musicista folk: come diceva Woody Guthrie “questa macchina uccide i fascisti” slogan che furoreggiava sullo strumento del grande Woody… Come d’ altronde la chitarra di Jorge Cafrune fu considerata, dal capo degli squadroni della morte in Argentina, più pericolosa di un esercito in armi. La chitarra era uno strumento studiato sia dal popolo che dalla classi sociali più ricche; nei primi anni del Novecento si delineò una scuola di chitarristi argentini che affiancava al repertorio europeo, un altro squisitamente indigeno dando vita ad uno stile che fu fonte di ispirazione di musicisti come Eduardo Falú e Atahualpa Yupanqui. La chitarra in Argentina quindi seguì un percorso simile, avvicinando il repertorio di tradizione folkloristica a quella classica.
Questa revisione in chiave colta della musica popolare fu caldeggiata da Mercedes Sosa fin dal principio “Era ora che ci occupassimo della nuova canzone, che la affrancassimo non tanto dalle radici ma da quel folklore a buon mercato ormai spentosi da molti anni”, dichiarò lei stessa anni dopo. Mercedes Sosa nata e cresciuta a Tucumán, si formó in seno alla comunità di artisti ed intellettuali a Mendoza tra la fine anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Insieme a Manuel Óscar Matus, musicista, e Armando Tejada Gómez, poeta, la “cantora” iniziò il suo percorso musicale fondando un fulgido sodalizio artistico. Il canzoniere nato da questo gruppo ebbe un effetto dirompente sulla scena folk argentina.
Il Nuevo Cancionero introdusse delle novità che ebbero un notevole impatto soprattutto dal punto di vista poetico ed esecutivo; d’altronde il ritmo e la forma delle canzoni conservavano gli schemi della tradizione delle diverse regioni del paese come la zamba, la chacarera, la milonga. L’energia e l’ardore dei testi dei nuovi poeti argentini insieme alla tecnica strumentale dei musicisti, spesso non di formazione accademica, ma con una sensibilità che occhieggiava alla scuola chitarristica classica, si unirono al repertorio della tradizione. Le canzoni rappresentavano le emozioni della gente, amplificandone le aspirazioni e l’impellenza di un cambiamento sociale, attribuendo dignità alla musica popolare che si trovò quasi lanciata in una idea di classicismo di grande respiro poetico musicale, donando infine dignità alla povera gente, di cui Mercedes Sosa ne fu la somma interprete. Fu denominata la madre d’America o la voce della terra “Pachamama”… Una voce inizialmente di soprano, che col tempo si assestò nel registro di contralto abbracciando due ottave e soggiogando con una portentosa forza, profondità e bellezza di timbro soprattutto delle note basse. Di carattere schivo non ha mai amato esibirsi in pubblico, ma una volta sul palco era capace di affascinare ed incantare la platea.
Quando sceglieva una canzone ne analizzava la valenza poetica e musicale. “Se le parole non hanno poesia”, affermava, “la canzone non mi interessa”. L’avventura della ”nuova cancion” fu tragicamente connessa alle vicende e al destino del continente latino americano tanto da rendere impossibile discernere la dimensione estetica da quella politica. Mercedes nel 1978 si azzardò a cantare la canzone “Quando tenga la tierra” nella città di Plata, alla fine del brano in sala echeggiò il rumore di carica dei fucili dei militari, che saliti sul palco la portarono via insieme al chitarrista; tenuta in stato di arresto fu rilasciata dopo 18 ore grazie alle pressioni internazionali. Le fu imposto di non cantare più costringendola a lasciare il paese. L’esilio fu un’esperienza straziante per Mercedes Sosa. Furono tre anni di solitudine e tristezza, nonostante i numerosi concerti nelle sale da concerto più prestigiose del mondo.
Rientrò in patria nel 1982 dove si esibì in una serie di spettacoli al Teatro Ópera di Buenos Aires, cui seguì una tournée in altre città del paese. Grande la paura e la preoccupazione con la continua minaccia di bombe nei teatri. Questo ritorno in patria fu per Mercedes e per il paese intero una esperienza di grande valore umano ed artistico… le uniche parole di ringraziamento che riuscì a pronunciare dopo il primo emozionante concerto a Buenos Aires furono: “Mi chiamo Mercedes Sosa. Sono argentina”.
Dopo l’esilio Mercedes dedica molte canzoni alla patria martoriata…
Mercedes canta Atahualpa Yupanqui: “Pedra y camino”
“Que el amor es simple…ya las cosas simples las devora el tiempo”. Mercedes interpreta la “Cancion de la simple cosas”
“Guitarra mia dímelo tu”, un’altra canzone di Atahualpa Yupanqui: “Gli uomini sono
divinità morte di un tempio ormai distrutto”
“Gracias a la vida” di Violetta Parra dal vivo con Joan Baez
Mercedes nel 2009 con Soledad Pasterutti in “Zamba para olvidarte”
Mercedes Sosa & Martha Argerich & Camerata Bariloche – Alfonsina y el mar….emozione pura, una perla, l’essenza delle musica argentina.
L’indimenticabile Misa Criolla di Ariel Ramirez