Fernando De Lucia interprete di canzoni di Salvatore di Giacomo e Pasquale Mario Costa.
Delle trentotto canzoni del binomio Di Giacomo-Costa solo una dozzina oggi è possibile ascoltare e di sette di queste si conservano incisioni di Fernando De Lucia.
Prima dell’avvento di Enrico Caruso, De Lucia era il tenore più importante tra quelli che avevano in repertorio canzoni napoletane. Altro tenore, di diversa categoria e al tempo celebre, è Diego Giannini, molto apprezzato da Di Giacomo. Per cui potremmo dire che De Lucia ha formato con Di Giacomo e Costa la triade d’oro del periodo d’oro della canzone napoletana. Come dire che fu l’interprete principe di canzoni digiacomiane, e che rappresenta una referenza di grande valore, e di esempio importante per chi successivamente s’impegnerà nello studio e nel canto di questi capolavori.
De Lucia è stato un tenore ottocentesco, quindi interprete portato a esprimersi con libertà, nel senso di cambi di tonalità, andamenti ad libitum, agogica fortemente cambiante, note tenute piazzate a piacimento, vibrato molto stretto. Interpretazioni che sembrano improvvisate e il pubblico si deliziava nell’ascolto di un canto cosí libero e fantasioso. A tutto questo porrà fine Enrico Caruso, con cui inizia il canto moderno basato sul rispetto del pentagramma. A questo qui occorre segnalare che, sorprendentemente, Caruso ha completamente ignorato il repertorio digiacomiano: ci costa pensare che possa averlo fatto per evitare conforti con De Lucia.
Quindi Di Giacomo e Costa, oltre a Giannini, avevano sotto mano De Lucia, e probabilmente a lui pensavamo scrivendo alcune canzoni. E sicuramente desideravano che le interpretasse. Per cui la prassi esecutiva del sommo tenore napoletano, che oggi può apparire sotto alcuni aspetti discutibile, era la prassi del tempo che vedeva nascere quelle canzoni. Detto questo, è evidente che Fernando De Lucia va visto come l’interprete digiacomiano per eccellenza.
Per questo abbiamo qui raccolto le sue interpretazioni per dare un’immagine complessiva del lavoro stupendo di un cantante capace di sorprendere, emozionare, commuovere in una maniera unica. Non si avrà successivamente nulla di simile.
Queste la canzoni:
Napulitanata, 1884
Oilì olà, 1885
Era de maggio, 1886
Luna nova, 1887
‘O munasterio, 1887
Catarì, 1892
Serenata napulitana, 1897
Napulitanata
Incisioni del 1902 con accompagnamento di solo piano e del 1921 con orchestra.
La prima incisione mostra un canto ricco in melismi, vibrato stretto, tempo lievemente lento, una fantastica “lagrima” (lunga nota tenuta) in diminuendo con repentina ripresa della strofa successiva al minuto 1:40. Eccellente versione: tra quelle dei tenori lirici solo Schipa la eguaglierà. La incisione Phonotype del 1921, con accompagnamento orchestrale, si snoda sulla falsa riga della precedente, con un andamento leggermente più lento con la voce più scura e leggermente stanca di un tenore già avanti con gli anni.
Oilì oilà
Registrata nel 1909. Qui De Lucia evitando i consueti rallentamenti, canta con brio, con tono di allegra tarantella: una meraviglia. Versione di riferimento.
Era de maggio
Incisione del 1909. Tempo lento, agogica alquanto esasperata, scansione chiarissima delle parole… atmosfera un poco triste. E’ una lezione di splendido bel canto, ma non ci appare un’interpretazione ideale. Occorre più fluidità, tempo un poco più mosso, luminosità primaverile come si ascolta, tra i tenori, nelle versioni di Tito Schipa e di Enzo De Muro-Lomanto.
Luna nova
Andamento, troppo lento (forse il disco dovrebbe girare più rapido mezzo tono più alto). Cosí il carattere di barcarola si perde un po’. mentre resta l’incanto della voce, sempre fortemente espressiva. Restando nell’ambito dei tenori, questa canzone trova interpreti più convincenti in Vittorio Parisi (però la qualità fonica del disco diffuso in Web è pessima) e ancor più Francesco Albanese.
Al momento assente in web.
‘O munasterio
Incisa il 30 dicembre 1917. Un De Lucia straordinario. Qui il senso drammatico è pertinente, è il tenore spinge al massimo con una tensione emotiva estrema, cupa, resa ancora più impressionate perché il tenore da fondo anche alla sua abilità teatrale. Versione si riferimento assoluta.
Catarì
Incisa il 30 dicembre 1917. Tempo lentissimo, tensione estrema, voce scura, un “forte” forse eccessivo al minuto 1:10. Emozionante, però questa canzone richiede altra atmosfera, più leggera, come di serenata serena… Tra le voci tenorili quella di Marco Beasey è quella che offre un’interpretazione tra le più ammirevoli ed emozionanti.
Assente in Web
Serenata napolitana
Incisa a Milano il 12 gennaio 1911. Accento un po’ perentorio, molto espressivo, qualche forte di troppo, andamento forse troppo lento, voce che s’inscurisce al punto da sembrare di baritono. Un’incisione della stessa epoca dovuta a Francesco Daddi procede a un ritmo più rapido, però il canto è alquanto superficiale. Nonostante i suoi limiti, la versione di De Lucia, tra quelle di cantanti lirici, resta insuperata.
Assente in Web