L’ insostenibile bellezza del suono: Emil Gilels
Di Alessandra Cesarini
Arthur Rubinstein ascoltò a Odessa il giovanissimo Emil Gilels, queste furono le sue parole: “Oddio! C’era un ragazzino di 15 anni tarchiato con una massa di capelli rossi e un sacco di lentiggini, suonava il pianoforte, non posso descriverlo. Posso solo dire che se verrà mai in America dovrò fare solo le valigie e andarmene”. Nato nell’ottobre del 1916 a Odessa, Gilels debuttò in pubblico nel giugno del 1929 a soli 13 anni, allievo prima di Berta Reingbald al Conservatorio della sua città, e successivamente a Mosca, nella classe del celebre Heinrich Neuhaus, in quegli anni gloriosi oltre a Emil, si perfezionò anche Sviatoslav Richter. Trionfò sui palcoscenici di mezzo mondo, dapprima in Unione Sovietica e dopo in Occidente; nel 1938 Gilels vinse la seconda edizione del prestigioso Concorso Eugène Ysaÿe di Bruxelles al quale partecipò anche Arturo Benedetti Michelangeli.
Dotato di un sorprendente virtuosismo e appoggiato dal regime sovietico, il Gilels degli esordi non si marchiava mai di tecnicismo circense e con gli anni la sua tecnica esuberante si interiorizzò dando spazio ad un pianismo riflessivo e quasi meditativo. Osservando il semplice studio dove si esercitava, senza sfarzi, con due pianoforti e una cyclette per mantenersi in forma, con una maschera di Beethoven affissa alla parete, si potrebbe pensare che Gilels fu capace di introiettare e trascendere queste privazioni del regime, rendendo il suo stile pianistico sempre più maturo. Tale evoluzione è stata interrotta dalla sua prematura scomparsa, determinando una sorta di incompiutezza: mancano alcune interpretazioni di Mozart, Schubert, Chopin e Debussy di questa seconda fase musicale.
Fu il periodo in cui Gilels si dedicò a due idee fondamentali: la forma classica (sonata, concerto, variazione) e quella romantica (variazione e ciclo), interpretate nell’intimismo di un canto o di una confessione. Nelle Sonate di Beethoven, iniziate a registrare già dagli anni ‘70 fino a poco prima della morte, Gilels ha fornito una delle integrali di riferimento. Nella riflessione che dedicò al repertorio romantico, il pianista di Odessa ricercò l’essenza del canto, non nello sviluppo melodico, bensì nell’organizzazione polifonica del discorso musicale. Nella forza ordinatrice della forma Emil ricercò una soluzione ai dolori del mondo e alla decadenza che caratterizzava a volte il romanticismo. Nei cinque preludi dell’op.74 di Scriabin, eseguiti in pubblico più riprese tra il 1979 e il 1984, Gilels, nella sua tenace e commovente attenzione al minimo dettaglio, esplica con una sorta di misticismo elusivo i cinque supremi misteri di Scriabin. Morì nel 1985 per un attacco cardiaco, ma a detta del suo caro amico Richter per un’ iniezione sbagliata… Ma questo è un altro mistero.
Un poco noto e sorprendente documento storico registrato nel 1940 che ci mostra la classe già eccelsa del Giles ventiquatrenne. Interessanti i primi 2 minuti, il resto e guerra.
Il virtuosismo poetico di Emil Gilels nella Toccata op.11 di Prokoviev
L’insostenibile bellezza del suono, Gilels, un autentico animale da palcoscenico, non amava registrare in sala d’incisione. In questa esecuzione del Preludio di Bach nella trascrizione di Siloti, bis tipico del pianista di Odessa, è evidente l’attenzione al canto di ogni parte polifonica
La polifonia nel Vocalise di Rachmaninov, le voci evidenziate dal tocco ineguagliabile di Gilels
Il Beethoven di Gilels rappresenta un riferimento storico, notevole è la somiglianza fisica con il Titano di Bonn
Un Gilels apollineo di mani possenti, Fritz Reiner direttore eccellente della eccellente Chicago Symphony Orchestra. Perfetto assolo del violoncellista Starker. Ottima resa sonora, la registrazione è del 1958.
Il mistero dei cinque Preludi op.74
Un suo cavallo di battaglia: il concerto n.1 di Tchaikovsky registrato varie volte con distinti direttori. Questa versione tutta russa, col mitico Mravinsky sul podio, è tra le più ammirevoli per introspezione, tornitura del suono, espressione, totale assenza si spettacolarità.